SOCIO-ECONOMIA
Unità locali e addetti
Non c’è alcun dubbio che il tentativo di definire e quantificare l’ambito delle attività culturali e creative rappresenti da diversi anni uno dei principali sforzi di ricercatori e policy-maker. Sulla scia dell’opinione sempre più consolidata per cui le industrie culturali e creative (ICC) siano un settore via via più strategico nel campo dell’economia e della società, si è assistito a una proliferazione di studi e pubblicazioni, a partire dalle principali organizzazioni internazionali (tra le altre UNESCO, UNCTAD, Commissione Europea, OECD).
Pur risultando assodato il ruolo strategico delle ICC, la letteratura di riferimento continua a proporre una molteplicità di approcci interpretativi tramite cui delimitare e definire il fenomeno. Non esiste infatti un criterio univoco tramite cui individuare l’ambito di riferimento delle attività culturali e creative che tendono a sfuggire alle tradizionali classificazioni di tipo settoriale e merceologico: del resto la creatività, se intesa come input, irrora e innerva una gamma molto ampia di attività umane, con intensità e gradienti diversi.
La mappatura che qui presentiamo si rifà al principale modello analitico di riferimento su scala europea: the ESS (European Statistical System) net-culture framework (2011-12). Essa prevede un nucleo centrale di attività culturali per definizione: le arti performative e gli spettacoli dal vivo, le attività ricreative e di divertimento e la conservazione e fruizione del patrimonio storico, artistico e culturale. Nel 2019 in Emilia-Romagna questi settori ICC valgono 3,8 mila unità locali e 15,6 mila addetti. Vanno poi considerati i media e le industrie culturali quali cinema e audiovisivo, editoria e stampa, musica e trasmissioni radio-televisive che valgono circa 4 mila unità locali e 16 mila addetti complessivi. Seguono i servizi creativi (design, fotografia, pubblicità, architettura e progettazione, ICT) che contano 22,4 mila unità locali e 48,5 mila addetti, l’Artigianato artistico con 3,1 mila unità locali e 5,6 mila addetti e la componente della distribuzione dei prodotti culturali con 2,5 mila unità locali e 3,8 mila addetti. L’intero perimetro delle ICC in Emilia-Romagna comprende quindi circa 36 mila unità locali e 88,5 mila unità locali, rispettivamente il 7,2% e il 5,3% del totale del sistema produttivo regionale.
È interessante osservare la variazione del numero degli addetti avvenuta nel corso del 2020 come conseguenza, in primis, dell’emergenza pandemica da Covid-19. I valori presentati vanno più correttamente inquadrati nel contesto di un mercato del lavoro congelato dalle misure emergenziali messe in campo dal governo per arginare gli effetti della crisi (quali il divieto di licenziamento per motivi economici e l’uso massiccio degli ammortizzatori sociali). In questo contesto si registra un calo complessivo di oltre 2,5 mila addetti (-2,9% sul 2020), in linea con la contrazione media di tutto il sistema produttivo regionale (-2,7%). Queste perdite sono risultate asimmetriche in termini settoriali: a fronte della contrazione molto significativa delle attività culturali, artistiche e di intrattenimento (-14,5% pari a quasi 2,3 mila addetti in meno), dei media e delle industrie culturali (-6,3% pari a oltre 900 addetti in meno), le più colpite dalle misure emergenziali decise dal governo, si osserva un exploit del settore informatico e del software che ha messo a segno una crescita di oltre 1,1 mila addetti (+5,6%).
Fatturato e valore aggiunto
I valori economici delle attività culturali e creative testimoniano del contributo significativo di questo settore all’economia complessiva dell’Emilia-Romagna. Nel 2019 le ICC valgono circa 11,9 miliardi di euro di fatturato e 5,6 miliardi di valore aggiunto, con una quota in entrambi i casi vicina al 4% del totale dell’economia regionale. In termini settoriali il contributo più importante deriva dai servizi creativi, in particolare l’informatica e la programmazione e le attività di progettazione architettonica e ingegneristica.
Risulta comunque importante anche il contributo economico derivante dalle attività core della filiera, quelle legate alle attività creative, artistiche e culturali (spettacoli dal vivo, cinema, ecc.) che valgono rispettivamente il 13,8% e il 10,9% del fatturato e del valore aggiunto complessivo delle ICC regionali.
Le stime relative al 2020 confermano l’entità dell’impatto dell’emergenza pandemica da Covid-19 sull’andamento delle attività culturali e creative regionali. Va tuttavia evidenziato l’alto livello di eterogeneità riscontrato a livello di singolo comparto. Se la filiera nel suo insieme registra una contrazione sul 2019 stimata tra il 7/8% sia in termini di fatturato che di valore aggiunto, in controtendenza si muove il comparto dell’informatica che mostra una crescita del +2,5% per entrambe le variabili, mentre all’estremo opposto si collocano le attività creative, artistiche e di intrattenimento, le più colpite dalle misure emergenziali messe in campo dal governo per arginare la pandemia, con una contrazione di fatturato e valore aggiunto stimata al -27,7%.
I lavoratori dello spettacolo
Come anticipato dai dati precedenti, uno dei settori più colpiti dalla crisi pandemica è stato quello dello spettacolo: le chiusure di teatri e venue e l’impossibilità di svolgere attività performative o di formazione hanno generato impatti negativi sull’occupazione, a discapito dei professionisti che afferiscono a questo comparto: sono stati complessivamente 8.741 i lavoratori che hanno operato in Emilia-Romagna nel 2020 per i quali sono stati versati contributi previdenziali, a fronte degli 11.829 del 2019, evidenziando un calo del 26,1%. Sono gli artisti i più colpiti, seguiti dai tecnici e, in parte residuale, dagli amministrativi.

Report – Scenari e prospettive di crescita delle ICC emiliano-romagnole, luglio 2022
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