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FATTURATO

NB. Poiché il perimetro delle ICC è ampio e complesso, le fonti utilizzate sono molteplici. Per questa ragione non tutte le datavisualization possono essere aggiornate facendo riferimento allo stesso anno. Nei titoli o nelle descrizioni gli anni considerati sono sempre indicati.

SOCIO-ECONOMIA

Dagli anni ‘90 si inizia a prestare particolare attenzione alla cultura e alla creatività, intese come vero e proprio settore capace di crescere, creare occupazione e trovare soluzioni innovative a problematiche che incidono sulla società odierna. 
Ecco perché si inizia a parlare di Industrie Culturali e Creative: un termine, industrie, che ne evidenzia il valore economico e l’ingegnosità. Le ICC sono, infatti, caratterizzate da una forte resilienza e flessibilità che ha permesso loro di rimanere competitive anche durante gli anni che hanno segnato la crisi dei mercati globali, dal 2008 in poi.
 
Il primo documento che conferisce una dignità istituzionale al settore è il Libro Verde sulla Cultura e la Creatività. Il report, pubblicato nel 2010, sancisce ufficialmente l’impegno da parte della Commissione Europea nei confronti dei settori culturali e creativi che, per via della loro rilevanza sociale ed economica, sono elementi sostanziali per lo sviluppo territoriale e il rafforzamento dell’identità europea. 
Nell’ultimo decennio si è quindi assistito al crescente incremento degli investimenti destinati a questo comparto da parte sia delle pubbliche amministrazioni che del settore privato, a livello nazionale e internazionale.
 
L’Emilia-Romagna è un caso esemplare di come il settore culturale e creativo stia conquistando un ruolo sempre più rilevante all’interno del sistema economico e di come, anche grazie a politiche mirate, abbia potuto sviluppare sinergie con altri settori produttivi e il mondo della ricerca.

Unità locali e addetti

Non c’è alcun dubbio che il tentativo di definire e quantificare l’ambito delle attività culturali e creative rappresenti da diversi anni uno dei principali sforzi di ricercatori e policy-maker. Sulla scia dell’opinione sempre più consolidata per cui le industrie culturali e creative (ICC) siano un settore via via più strategico nel campo dell’economia e della società, si è assistito a una proliferazione di studi e pubblicazioni, a partire dalle principali organizzazioni internazionali (tra le altre UNESCO, UNCTAD, Commissione Europea, OECD).

Pur risultando assodato il ruolo strategico delle ICC, la letteratura di riferimento continua a proporre una molteplicità di approcci interpretativi tramite cui delimitare e definire il fenomeno. Non esiste infatti un criterio univoco tramite cui individuare l’ambito di riferimento delle attività culturali e creative che tendono a sfuggire alle tradizionali classificazioni di tipo settoriale e merceologico: del resto la creatività, se intesa come input, irrora e innerva una gamma molto ampia di attività umane, con intensità e gradienti diversi.
La mappatura che qui presentiamo si rifà al principale modello analitico di riferimento su scala europea: the ESS (European Statistical System) net-culture framework (2011-12). Essa prevede un nucleo centrale di attività culturali per definizione: le arti performative e gli spettacoli dal vivo, le attività ricreative e di divertimento e la conservazione e fruizione del patrimonio storico, artistico e culturale. Nel 2022 l’intero perimetro delle ICC in Emilia-Romagna comprende quindi circa 40 mila unità locali e 99 mila addetti, rispettivamente il 7,2% e il 5,9% del totale del sistema produttivo regionale. Andando ad analizzare i singoli comparti si nota che i servizi creativi (design, fotografia, pubblicità, architettura e progettazione, ICT) contano 56,7 mila addetti. Sono seguiti dalle attività artistiche e di intrattenimento con 17,9 operatori, leggermente al di sotto i media e le industrie culturali quali cinema e audiovisivo, editoria e stampa, musica e trasmissioni radio-televisive che ne contano 15 mila. Nell’ambito dell’artigianato artistico lavorano 5,7 mila persone mentre nella distribuzione dei prodotti culturali ce ne sono 3,8 mila.

Dati macroeconomici: fatturato, valore aggiunto, consumi e unità di lavoro

I valori economici delle attività culturali e creative testimoniano del contributo significativo di questo settore all’economia complessiva dell’Emilia-Romagna. Nel 2021 le ICC valgono circa 12,4 miliardi di euro di fatturato e 5,8 miliardi di euro di valore aggiunto, con una quota in entrambi i casi vicina al 4% del totale dell’economia regionale. I consumi delle famiglie ammontano a 3 miliardi di euro. In termini settoriali il contributo più importante deriva dai servizi creativi, in particolare l’informatica e la programmazione e le attività di progettazione architettonica e ingegneristica.
Risulta comunque importante anche il contributo economico derivante dalle attività core della filiera, quelle legate alle attività creative, artistiche e culturali (spettacoli dal vivo, cinema, ecc.) che valgono rispettivamente il 11,4% e il 9% del fatturato e del valore aggiunto complessivo delle ICC regionali.

Nonostante il forte impatto della crisi, provocata da Covid19, il 2021 è un anno di ripresa. Nel complesso, in termini di fatturato  e valore aggiunto, si sono nuovamente raggiunti i livelli pre-pandemici, mentre i consumi di cultura delle famiglie rimangono ancora un po’ distanti rispetto ai dati rilevati nel 2019, probabilmente per via delle chiusure ancora in essere – sebbene a periodi alterni – durati fino a fine 2021 che non hanno permesso la piena fruizione di prodotti, servizi e proposte culturali.

Le datavizualization mostrano, inoltre informazioni inerenti l’andamento delle unità di lavoro, una misura che valuta il volume di lavoro svolto dagli occupati. Le unità di lavoro, in calo nel 2020, ritornano ai livelli pre-crisi già nel 2021.

I grafici mostrano anche alcuni dati previsionali relativi al 2022 e 2023 in cui si osserva un trend di crescita costante in tutti gli ambiti osservati.

I lavoratori dello spettacolo

Uno dei settori più colpiti dalla crisi pandemica del 2020 è stato quello dello spettacolo. Le chiusure di teatri e venue e l’impossibilità di svolgere attività performative o di formazione hanno generato impatti negativi sull’occupazione, a discapito dei professionisti che afferiscono a questo comparto: i più colpiti sono stati gli artisti, seguiti dai tecnici e, in parte residuale, dagli amministrativi. Nel 2021, la situazione è in miglioramento rispetto all’anno precedente ma solo di qualche unità, complici, probabilmente, le restrizioni relative alle attività di spettacolo che si sono susseguite a periodi alterni fino a fine 2021.

Lo staff dei musei

Diverse sono le persone che orbitano attorno al museo: grazie ad addetti, personale di imprese esterne, collaboratori freelance,  personale volontario e giovani che decidono di svolgere il servizio civile in questo settore, queste strutture sono supportare da competenze eterogenee. In Emilia-Romagna, circa il 70% dei musei impiega personale interno, mentre il 30% ne è privo contando, probabilmente sull’attività di volontariato o di servizi di imprese esterne che si occupano nella sua gestione.

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